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La facciata della CattedraleQuesto insigne monumento risale all'anno Mille, probabilmente durante la signoria del conte Roberto Drengot, quando ereditò dallo zio Rainulfo il Gargano. La costruzione potrebbe essere avvenuta tra il periodo del vescovato di Sidgero (1036-1050) e quello di Egirardo o Edoardo (1055-1069), e non, come vuole la tradizione; sulle rovine del tempio della dea Vesta.

Il primitivo edificio doveva essere almeno di tre metri più alto di quello attuale. La facciata principale era certamente ricca di motivi architettonici, con il portale strombato e decorato da una triplice cornice in armonia con lo stile delle finestre, che illuminavano l’interno e, con il rosone altrettanto riccamente lavorato. Le calamità, abbattutesi lungo i secoli su questa città, non hanno permesso di trasmettere il fasto del primo romanico. Altri danni si verificarono con i saccheggi operati dai saraceni di Acmet Pascià (1480) e di Dragut rais (1554), e il tremendo terremoto del 1646 che causò il crollo del campanile, dell’intera facciata centrale e della gran parte del tetto della chiesa.

L’interno della Cattedrale cambiò volto e il campanile assunse lo stile barocco, mentre la facciata centrale esterna acquistò un aspetto molto modesto e privo di qualsiasi fregio.

La navata centrale della Basilica Cattedrale di ViesteAll’interno le absidi di fondo persero la loro caratteristica forma semicircolare e furono adibite a cappelle, a sinistra quella della SS. Trinità e a destra quella del SS. Sacramento, mentre l’abside centrale conservò il coro per l’uso dei canonici e del vescovo.

Il portale laterale esternamente conserva ancora integro lo stile primitivo. Esso presenta un archivolto caratterizzato da una triplice fascia per la strombatura, finemente lavorata a bassorilievo con piccoli cerchi chiusi, intersecati tra loro e ornati all’interno da foglie palmate. Dalla base estradosso dell’archivolto fuoriescono due sculture zoomorfe, sono protome leonine, quello a destra è molto corroso dalle piogge e dal vento, invece l’altra è in buono stato di conservazione, grazie per essere stata incuneata nel muro della cappella del Rosario. Entrambi sono simmetriche e realizzate a tutto tondo; rivolgono “il capo verso chi entra, stringendo tra le zampe un rotolo.

La triplice cinta posta sulla parete esternaAd un paio di decimetri dallo stipite sinistro, poco sotto la finestrella con il leone, vi è inciso una Triplice Cinta, coperta per un quarto dal muro parietale della cappella del SS. Rosario. E’ simile al gioco riportato dietro la scacchiera della dama, ma già utilizzato fin dalla preistoria, come motivo ornamentale riportato sui vasellami. Nel periodo medievale e precisamente nell’XI-XII secolo, è adottato come simbolo dai Templari per contrassegnare i luoghi di particolare sacralità tellurica. La si ritrova spesso incisa sia in orizzontale, sia in verticale, sui muretti e sulle soglie dei gradini delle chiese medievali fino al XIII-XIV secolo non solo sul Gargano e in Italia, anche sulle Cattedrali sparse in Europa.

La monofora trovata in CattedraleDi notevole interesse è anche la monofora, posta al centro della parete della chiesa, doppiamente strombata, con una triplice serie di cornici diverse, finemente decorate e con arco a tutto sesto, scoperta durante i primi lavori di restauro del 1976.

Nel XVIII secolo le colonne della navata vennero ricoperte e adornate nella parte alta di stucco, diventando nudi e massicci parallelepipedi a base quadrata. Ora liberate da queste sovrastrutture hanno cambiato l’aspetto della Chiesa e si può così ammirare parte del fasto antico dell’arte romanico-pugliese.

Le colonne sono di materiale tenero locale, tipo tufaceo, hanno una sagoma tozza e priva di rastremazione: sette a base cilindrica, una ennagonale ed una endecagonale, mentre le altre tre che senz’altro erano irrimediabilmente malconce, furono adattate con lo stile nel 1700.

I capitelli sono di due tipi, cinque corinzi e cinque cubici e presentano motivi diversi: foglie arrotondate, foglie di palma, di acanto, tralci e animali come cavalli, uccelli, galli, un bue, un drago, cigni. Queste figure, anche se scolpite con tecnica rudimentale sono del massimo interesse e rivelano grande capacità compositiva.

La tela della SS. TrinitàAltre opere di rilievo sono i dipinti come la settecentesca tela della SS. Trinità del viestano Giuseppe Tomaiuoli, che orna la cappella omonima. In alto al centro, fra un volo di angeli, una colomba bianca, simbolo dello Spirito Santo, irradia con la sua luce tutto il dipinto. Sulla destra, seduto su una nuvola e rivestito di un ampio mantello, vi è l’Eterno Padre che con la mano indica il Figliolo, anch’Egli seduto su nuvola un tantino più in basso. Cristo, però, è nudo, mostra tutta la sua umanità sostenendo con la mano destra la Croce del suo martirio, mentre con la sinistra indica il sottoposto globo terrestre, come a ricordare il luogo del suo olocausto per riscattare gli uomini dal peccato. La parte sottostante è invece animata da una schiera di piccoli angeli, sorvegliati da un serafino, che con i loro giochi e con i loro sorrisi ispirano un senso di serenità e di speranza gioiosa.

La pala del SS RosarioLa pala del SS. Rosario del genovese Michele Manchelli del 1585 è dipinta su tavola e rappresentante la Madonna che ha per mano il Bambino in atto di offrire la corona del rosario a S. Domenico di Guzman, a S. Caterina da Siena, al Papa Pio V, ai protagonisti della battaglia di Lepanto (7 ott. 1571), Filippo II re di Spagna e Anna regina d’Austria e al cardinale domenicano, forse committente dell’opera. Sui lati del quadro sono invece raffigurati i 15 misteri della vita di Cristo e nella cimasa l’Eterno Padre fra un coro di angeli musicanti. L’opera è stato un dono del Padre Generale dei Domenicani alla Confraternita del Rosario di Vieste ed orna la cappella omonima.

La cappella del SS SacramentoNella Cappella del SS. Sacramento, a destra dell’altare maggiore, vi è la tela della Madonna con Bambino fra S. Giuseppe e S. Crispino di scuola veneta del ‘700, ma al momento non si conosce il nome del pittore. Anche questo è un dono dagli artigiani, falegnami e calzolai di Vieste facenti parte della confraternita del SS. Sacramento.

Nella parte alta dell’abside centrale al disopra del settecentesco Coro vi è la tela di Luigi Velpi del 1779, ordinata e pagata da mons. Maruca (duc. 60) e dal can. Vito de Filippis (duc. 10). Rappresenta Cristo e la cacciata dei mercanti dal Tempio. “Dai fondi scuri balza in primo piano la figura del Cristo circondato da angeli con ai piedi corpi aggrovigliati dallo spavento. Sono rappresentati uomini donne e bambini che polarizzano la loro attenzione con timore e tremore sulla maestà del Cristo mentre compie autorevolmente un gesto profetico preannunciato nell’Antico Testamento”.

Posto come paliotto sotto l’altare della cappella di S. Michele, vi è l’altorilievo in marmo, del Cristo morto, di scuola michelangiolesca. Forse fu un dono di papa Gregorio XIII, al secolo Ugo Buoncompagni, vescovo di Vieste, per contribuire al risanamento della Cattedrale, danneggiata dai barbareschi di Dragut rais nel 1554.

Nella cappella di S. Anna, invece, sono esposti i reperti, fra cui un coperchio di sarcofago del periodo longobardo,  rinvenuti durante i lavori di restauro a testimoniare l’antica fastosità della Cattedrale.

Le tele presenti sul soffitto della CattedraleSulla volta nella controsoffittatura, fatta eseguire dal vescovo Niccolò Cimaglia durante il suo episcopato sono inserite tre grandi tele, S. Giorgio, protettore di Vieste, in atto di uccidere il drago; l’Assunzione di Maria, titolare della chiesa e S. Michele Arcangelo, protettore del Gargano, che caccia Lucifero dal Paradiso, di scuola napoletana, eseguiti forse dallo stesso Luigi Velpi. La capriata, non più visibile, è anch’essa decorata a tempera.

La cappella con il simulacro di Santa Maria di MerinoMa il pezzo più prezioso rimane la pregevole statua in legno di tiglio della Madonna venerata con il titolo di S. Maria di Merino, che è collocata nella prima cappella della navata destra, detta dell’Università o della città di Vieste. E in posizione inginocchiata con la mano sinistra sul petto e la destra alzata in segno di saluto. Ha gli occhi rivolti al cielo, quasi spaventati e la bocca socchiusa, parlante. Alfredo Petrucci in Cattedrali di Puglia la fa risalire al '300 e sostiene che doveva far parte di un gruppo con più figure.

A richiesta di mons. Valentino Vailati la Cattedrale è stata insignita dal Papa Giovanni Paolo II del titolo di Basilica Minore con la Bolla datata il 12 febbraio 1981.

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